Contrariamente al TFR, che è sempre dovuto al lavoratore dipendente, anche in caso di dimissioni, la c.d. indennità di cessazione del rapporto è dovuta all’agente solo a determinate condizioni.
In generale, conviene porre una certa attenzione, da ambo le parti, agli aspetti che andremo ad analizzare, sia al momento dell’instaurazione del rapporto di agenzia (ad esempio, per la preponente, decidendo se applicare o meno gli A.E.C. e – conseguentemente – se versare o meno il c.d. FIRR), sia al momento della cessazione del rapporto, o in vista di essa.
In particolare, vanno attentamente studiate le mosse, nel caso in cui le parti abbiano intenzione di interrompere il rapporto, per una circostanza che ritengono di poter imputare alla controparte, poiché da tale imputazione (e dalla sua “tenuta”) deriveranno delle conseguenze in ordine alla spettanza (o meno) delle indennità di cessazione del rapporto.
Come primo passo, occorre dunque verificare a quali condizioni spetti l’indennità di cessazione del rapporto ed a quanto ammonti, operando una distinzione tra disciplina legale e contrattuale.
Sommario
2. LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA
1. LA DISCIPLINA LEGALE
Ai sensi dell’art. 1751 c.c., l’indennità spetta in caso di cessazione del rapporto (anche per scadenza del termine), salvo che:
- la preponente abbia risolto il rapporto per giusta causa (grave inadempimento dell’agente),
- se a recedere sia stato l’agente, a meno che il recesso sia giustificato da circostanze attribuibili al preponente o da età, infermità o malattia dell’agente, per le quali non può più essergli ragionevolmente chiesta la prosecuzione dell’attività
- quando l’agente e la preponente si accordano per cedere ad un terzo il rapporto di agenzia, coi relativi diritti e doveri.
Inoltre, spetta a condizione che:
- l’agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti;
- il pagamento di tale indennità sia equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l’agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti.
I sostanziali vantaggi si risolvono nel mantenimento della clientela procurata o “sviluppata” dall’agente, per le più varie ragioni di fidelizzazione di essa (ad es. perché legata da contratti di durata e/o per la particolarità del settore economico, caratterizzato da uno scarso turn over della clientela stessa).
La misura dell’indennità è determinata discrezionalmente dal Giudice entro il massimo di legge, pari alla a media annuale delle retribuzioni riscosse dall’agente negli ultimi cinque anni e, se il contratto risale a meno di cinque anni, sulla media del minor periodo.
Naturalmente, maggiori saranno i vantaggi sostanziali mantenuti dalla preponente, maggiore sarà l’indennità di cessazione del rapporto spettante; peraltro, trattandosi di una valutazione discrezionale, da farsi magari all’esito di una complessa istruttoria in giudizio, è normalmente difficile fare delle previsioni.
2. LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA
Gli A.E.C. Industria e Commercio, vale a dire i contratti collettivi nazionali per gli agenti che operano, rispettivamente, nel settore industriale e in quello commerciale, prevedono tre tipologie di indennità:
A) l’indennità di risoluzione del rapporto (quella versata annualmente al Fondo Indennità di Risoluzione del Rapporto, c.d. FIRR, tenuto da Enasarco),
B) l’indennità suppletiva di clientela e
C) l’indennità meritocratica.
Le prime due sono dovute, in percentuale sulle somme maturate dall’agente in corso di rapporto, anche se l’agente non abbia sensibilmente sviluppato gli affari o aumentato la clientela e/o il preponente non abbia mantenuto i relativi sostanziali vantaggi.
La terza (meritocratica) spetta solo al ricorrere di tali requisiti (gli stessi delineati dall’art. 1751 c.c.).
Pertanto, la disciplina degli AEC è più favorevole agli agenti, laddove questi ultimi non si siano meritati l’indennità legale, per non aver procurato vantaggi al preponente; viceversa, agenti particolarmente virtuosi, che avrebbero avuto diritto all’indennità di cessazione del rapporto, in misura massima o vicina al massimo, potrebbero essere pregiudicati dall’applicazione dell’AEC in luogo dell’art. 1751 c.c.
Si è dunque posto il problema, se le previsioni degli AEC fossero legittime, dato che la contrattazione collettiva può derogare le legge solo in melius per l’agente: l’attuale soluzione adottata dalla giurisprudenza è nel senso di dare applicazione alla disciplina (contrattuale o legale) che, secondo una valutazione da farsi ex post, alla luce delle vicende concrete del rapporto che si è appena concluso, assicuri all’agente il risultato più vantaggioso.
Una riflessione si impone relativamente all’obbligatorietà degli AEC. Trattandosi di veri e propri contratti, e non di fonti normative, NON sono obbligatori, quanto alla loro applicazione, ma si applicano solo su base volontaria:
- qualora il preponente sia associato all’organizzazione sindacale datoriale che abbia stipulato l’AEC (es. Confindustria o Confcommercio),
- oppure abbia aderito alla contrattazione collettiva,
- operando un espresso rinvio agli AEC nel contratto individuale di agenzia,
- o di fatto, applicandolo ai propri rapporti di agenzia; a tal proposito, si osserva – ad es. – che il versamento dell’indennità di risoluzione del rapporto al FIRR potrebbe essere considerata una forma di adesione implicita alla contrattazione collettiva, dato che tale indennità è prevista dagli AEC e non dalla legge.
Naturalmente, in caso di mancata applicazione dell’AEC, si farà riferimento solamente alla legge (art. 1751 c.c.).
Più nel dettaglio, ecco una sintesi della disciplina contrattuale delle tre indennità sopra indicate.
- indennità di risoluzione del rapporto;
- spetta in ogni caso di cessazione del rapporto (anche a termine), salvo, per entrambi gli AEC, il recesso del preponente dovuto a ritenzione indebita di somme da parte dell’agente oppure, per il solo AEC Industria, per la commissione di atti di concorrenza sleale o violazione del vincolo di esclusiva per una sola mandante, da parte dell’agente; per l’AEC Commercio, non è dovuta nell’ipotesi di cessione a terzi – operata dall’agente ai sensi di un accordo con il preponente – del contratto di agenzia o rappresentanza e dei diritti ed obblighi dallo stesso derivanti.
- spetta nelle seguenti misure:
- 4% sulla quota di provvigioni annualmente maturate, fino a euro 12.400,00 (euro 6.200,00 se agente plurimandatario);
- 2% sulla quota tra euro 12.400,01 e 18.600,00 (tra 6.200,01 e 9.300,00 se plurimandatario);
- 1% sulla quota eccedente 18.600,00 euro (9.300,00 se plurimandatario).
- spetta nelle seguenti misure:
- indennità suppletiva di clientela;
- non è dovuta se il contratto si scioglie per un fatto imputabile all’agente (escluso il recesso dell’agente per accertati gravi inadempimenti del preponente; conseguente ad invalidità permanente e totale; dovute ad infermità e/o malattia che non consentano la prosecuzione del rapporto; successivo al conseguimento della pensione di vecchiaia o vecchiaia anticipata ENASARCO; successivo al conseguimento della pensione di vecchiaia o anticipata INPS; sempreché i citati eventi si verifichino dopo che il rapporto sia durato almeno un anno).
- Spetta nella seguente misura:
- 3% sull’ammontare globale delle provvigioni e delle altre somme maturate;
- 0,50% aggiuntivo sulle provvigioni maturate dal quarto anno (nel limite massimo annuo, previsto dall’AEC Industria ma non da quello del Commercio, di Euro 45.000,00 di provvigioni);
- ulteriore 0,50% aggiuntivo sulle provvigioni maturate dopo il sesto anno compiuto (per l’Industria, nel limite massimo annuo di Euro 45.000,00 di provvigioni).
- indennità meritocratica.
- È riconosciuta alle stesse condizioni dell’indennità suppletiva; inoltre, l’agente deve aver apportato al preponente un sensibile incremento del giro d’affari, col mantenimento di sostanziali vantaggi dopo la cessazione del rapporto.
- È previsto un complesso metodo di calcolo; il limite massimo rimane la media annua di provvigioni calcolata in relazione all’ultimo quinquennio, di cui all’art. 1751 c.c.
Per l’AEC Industria, laddove la meritocratica superi la somma delle altre due indennità, è dovuta solo nella misura eccedente; laddove la somma delle altre due indennità superi la meritocratica, sono dovute solo le prime due. La somma delle prime due indennità può anche superare l’ammontare massimo dell’indennità legale (ex art. 1751 c.c.).
Per l’AEC Commercio, l’indennità meritocratica è riconosciuta nel solo caso in cui l’importo complessivo di indennità di risoluzione del rapporto ed indennità suppletiva di clientela sia inferiore al valore massimo previsto dalla legge (art. 1751 c.c.). L’indennità “meritocratica” aggiuntiva spetta, in presenza delle condizioni sopra indicate, in misura non superiore alla differenza tra la somma di indennità di risoluzione del rapporto ed indennità suppletiva di clientela ed il valore massimo legale.
Merita un cenno la previsione dell’AEC Commercio, contenuta in una nota a verbale, secondo cui le indennità suppletiva di clientela e meritocratica saranno riconosciute subordinatamente alla redazione (e sottoscrizione) di un verbale di conciliazione in sede sindacale; in caso di mancata conciliazione o mancato accordo, oppure in caso di mancata comparizione di una delle parti presso la Commissione di conciliazione, ciascuna delle parti potrà adire l’autorità giudiziaria.
La ratio è di costringere l’agente, che accetti il pagamento dell’indennità suppletiva e di quella meritocratica, a rinunciare espressamente all’azione per ottenere la differenza in suo favore, derivante dall’applicazione dell’art. 1751 c.c.
Non è però molto chiaro – in caso di mancato accordo in sede sindacale (che è previsto sia sottoscritto entro 60 gg.) – che cosa l’agente possa andare a rivendicare in giudizio; secondo Trib. Catania, 16/1/2018, l’agente, che si sia rifiutato di sottoscrivere un verbale di conciliazione, con conseguente mancato versamento delle indennità suppletiva e meritocratica, potrà, a quel punto, rivendicare in giudizio solamente l’indennità ex art. 1751 c.c.
Si tratta, in vero, di una questione piuttosto problematica e non è da escludere possano emergere anche posizioni differenti in giurisprudenza.
Occorre, in ogni caso, gestire questo passaggio, immediatamente successivo alla cessazione del rapporto (essendo previsto un termine di 60 gg.), con molta attenzione, da ambo le parti.